giovedì,Giugno 27 2024

«Nessun legame di Cesare D’Elia con il clan», la parola passa al Riesame

Il difensore Cristian Cristiano aveva presentato ricorso in Cassazione. Gli ermellini hanno annullato l'ordinanza cautelare disponendo un nuovo esame

«Nessun legame di Cesare D’Elia con il clan», la parola passa al Riesame

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Riesame di Catanzaro che confermava la custodia cautelare in carcere per Cesare D’Elia, imputato nel processo antimafia Reset, in corso di svolgimento a Catanzaro (rito abbreviato) e Lamezia Terme (rito ordinario).

I motivi del ricorso

L’avvocato Cristian Cristiano, difensore di Cesare D’Elia, aveva presentato ricorso contro l’ordinanza del 21 settembre 2023 del Tribunale della Libertà di Catanzaro. Il ricorso contestava il rigetto dell’istanza di revoca o di sostituzione della misura di custodia cautelare in carcere applicata in relazione al reato di cui all’art. 416-bis del codice penale.

L’avvocato Cristian Cristiano ha basato il suo unico motivo di ricorso sul vizio di motivazione e sull’inosservanza della legge penale, in particolare sugli articoli 274, 275 e 299 del codice di procedura penale. La difesa di D’Elia ha sostenuto che l’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare era supportata dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Barone e Porcaro, oggi ex pentito.

Barone ha riferito che tra il 2014 e il 2015, D’Elia ha subito un pestaggio da parte degli uomini del clan per aver venduto eroina “sottobanco” e che, successivamente a questo episodio, è stato allontanato dal clan. Porcaro, invece, ha dichiarato di non conoscere D’Elia. Il Tribunale ha ritenuto non dimostrato il definitivo allontanamento dell’imputato dal sodalizio criminale.

L’esame delle dichiarazioni

Il Tribunale di Catanzaro aveva esaminato le dichiarazioni di Barone e Porcaro, ma ha deciso che non dimostravano il definitivo allontanamento di D’Elia dal clan. Secondo il Tribunale, le dichiarazioni di Porcaro erano di natura neutra, mentre quelle di Barone, pur indicando che D’Elia è stato allontanato dal clan dopo un regolamento di conti, non provavano la rescissione della consorteria.

Il ricorrente ha contestato questa valutazione, sostenendo che il Tribunale non ha considerato adeguatamente il fatto che Barone è stato stabilmente inserito nell’associazione fino alla data del suo arresto e che le sue dichiarazioni indicavano chiaramente l’allontanamento di D’Elia dal clan.

La posizione del Procuratore Generale

Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. Tuttavia, l’avvocato di D’Elia, Cristian Cristiano, ha presentato una memoria scritta in cui ha chiesto l’accoglimento del ricorso, evidenziando il vizio di motivazione che affliggeva il provvedimento impugnato.

Considerazioni in Diritto

Nelle motivazioni, la Cassazione ha scritto che il Riesame di Catanzaro non ha fornito una motivazione adeguata per respingere le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Il Tribunale ha riconosciuto che Barone ha affermato che D’Elia è stato allontanato dal clan, ma non ha spiegato perché queste dichiarazioni non assumerebbero rilievo.

Giurisprudenza rilevante

Secondo la giurisprudenza, una motivazione risulta apparente quando è del tutto avulsa dalle risultanze processuali, si avvale di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche, o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa. In questo caso, il Tribunale di Catanzaro ha basato la sua decisione su argomentazioni fittizie e non ha fornito una valutazione critica e argomentata degli elementi addotti dalla difesa.

La decisione finale

L’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Catanzaro. Questo nuovo esame dovrà considerare attentamente le dichiarazioni di Barone e Porcaro e valutare se queste dimostrano il definitivo allontanamento di D’Elia dal sodalizio criminale.

Articoli correlati