mercoledì,Luglio 3 2024

Giuseppe Zaffonte, le ragioni di un pentimento: «Ero in pericolo di vita»

Il collaboratore di giustizia spiega i motivi che lo hanno portato a parlare con la Dda di Catanzaro. L'ex rapinatore accusa un pentito e diversi esponenti della 'ndrangheta di Cosenza e Rende

Giuseppe Zaffonte, le ragioni di un pentimento: «Ero in pericolo di vita»

Giuseppe Zaffonte si è pentito perché pensava di essere in pericolo di vita. È quanto affermato dal collaboratore di giustizia durante uno dei primi interrogatori con la Dda di Catanzaro. L’ex rapinatore, il cui pentimento è emerso per la prima volta nell’ordinanza dell’omicidio di Giuseppe Ruffolo, ha spiegato le ragioni che lo hanno portato a “saltare il fosso”. Ed allontanarsi dal mondo della ‘ndrangheta di Cosenza e Rende. Che sebbene non ne abbia fatto parte ufficialmente, in termini di riti affiliazioni e “battesimi”, conosce dinamiche e rapporti di forza. Le sue dichiarazioni, ovviamente, dovranno passare al vaglio dei giudici. Succederà a breve nel processo Reset e in futuro in Recovery.

«Mi sono presentato presso i vostri uffici – ha dichiarato Zaffonte ai carabinieri della stazione di Cosenza Nord – perché credo di versare in imminente pericolo di vita dovuto al fatto che ho un’esposizione economica con alcuni elementi della criminalità organizzata di Cosenza con i quali ho intrapreso di recente un’attività di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina».

Zaffonte ha riferito di avere creato «un gruppo di ragazzi che spacciano per me, avevo l’obbligo di pagare lo stupefacente che di volta in volta approvvigionavo ed immettevo sul mercato attraverso taluni giovani», di cui parlerà in seguito.

Giuseppe Zaffonte, «debiti con Presta e Maestri»

Secondo il pentito di Rende il mancato pagamento di alcune forniture «ha determinato un momento di minore disponibilità economica e non ho potuto nei tempi stabiliti con i miei fornitori consegnare la somma di 5mila euro», soldi che avrebbe dovuto dare a «Gennaro Presta e Gianluca Maestri, al quale mi sono rivolto per approvvigionare “sottobanco” all’insaputa del clan Lanzino, droga da vendere per recuperare denaro da consegnare a Marco D’Alessandro, ossia l’uomo che al momento ha l’incarico di gestire lo spaccio di cocaina e marijuana per conto di Michele Di Puppo». Zaffonte va oltre e spiega: «Gennaro Presta e Gianluca Maestri, poiché entro il 31 dicembre 2018, come avevamo precedentemente stabilito, non ho potuto sanare il debito, mi hanno aumentato l’importo a 10mila euro, giustificando tale loro comportamento con il fatto che io non avrei onorato il debito con loro contratto…». (continua/1)

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